Amori vintage.

Juanita de Paola

Le passwords delle emails e, soprattutto, delle segreterie telefoniche dei miei fidanzatini erano fortemente indicative dei loro caratteri. Le ho scoperte tutte, con perizia e furbizia (come Occhi di Gatto), e le ho utilizzate nei momenti più calmi delle nostre storie, quando tutto era tranquillo e quindi si poteva già presagire la fine. Le chiavi di accesso cambiavano anche abbastanza periodicamente, ad eccezione fatta dei messaggi telefonici: io li settavo e amministravo in remoto, tanti di loro non hanno nemmeno saputo di avere attivata la funzione segreteria. Mi appuntavo i numeri che li chiamavano, li ricontattavo io stessa, mi accertavo delle identità e segnavo nella mia agendina nera.

Non lo facevo per stanarli, ma solo per misurarli. Iniziai molto presto, il mio battesimo di fuoco fu La Svedese, che fece perdere la testa in una nottata infuocata al mio amore di allora. Mi vendicai il giorno dopo interagendoci io stessa, alla meglio, ma anche quella rimase una piccola soddisfazione sommessa, che non utilizzai mai e poi mai nelle nostre discussioni; non avrei mai fatto capire a nessuno che razza di freak ero, quindi anche se mi bruciava la lingua la mordevo, e non parlavo. De La Svedese ebbi una magnifica impressione, da lei imparai come gli uomini sono creature semplici, cui l’annusare piace molto di più del mangiare.

Misuravo la capacità degli uomini di essere giani bifronti, e non la trovavo molto diversa da quella delle donne. Ma quello che mi spaventava di più era la certezza matematica del non essere sospettati, scoperti, quando le donne si macerano nei sensi di colpa, diventano macchine ossessive, alla lunga confessano per non farsi venire l’ulcera – pivelle. Tuttoggi uno dei miei passati cornificatori ha avuto lo stomaco di guardarmi negli occhi e dirmi che finchè eravamo stati assieme nulla di male era mai successo. Certo. E aveva ragione, in un senso: morire o vedere soffrire chi ami sono cose di male, tutto il resto è una passeggiata.

Di uno in particolare, che aveva interrotto una storia lunga e bella con la sua morosa per uscire con me, ricordo i messaggi a lei e quelli a me, digitati quasi in contemporanea. Era un compulsivo, operava per comparti, quindi quando scriveva a me doveva comunicare anche a lei; se mi faceva un regalo il giorno dopo era il turno del’altra, e così (tragicamente) via. Ricordo i suoi pianti, quando gli dicevo questa non è la tua strada, torna da lei. Ricordo i suoi piagnistei inviati a lei sotto forma di sms, dopo pochi secondi, per riaverla. E la riebbe, in verità, tornando però alla carica un milione di volte, perchè non c’è nulla di peggio che resuscitare qualcuno dal proprio passato. Ma stimavo silenziosamente la sua anima duplice, la sua reale esigenza di avere due donne, così diverse, contemporaneamente. Sentivo, sapevo che non c’era colpa, e non mi arrabbiai mai, nè gli rinfacciai tutto quello che sapevo. D’altronde non so combattere, per gli uomini in particolare; mi faccio da parte, con una scusa o un’altra, ed aspetto che prendano il largo felici e dementi.

Poi tornano, e ti rovinano i ricordi.

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