Beati quelli che non hanno l’aperitivo, di essi è il regno del materasso.

Trascorro l’estate, come gli anziani, in alto. La mattina prendo la corriera ad un orario caro solo ai verdurai e la sera la riprendo per tornare in alto, sul terrazzino di pietra dove si vedono più valli, dove non arriva l’arroganza del mare d’agosto. Arrivo in ufficio con un sensibile ritardo di trenta minuti, me ne vado verso le sette o quando è finita la buriana per ritrovarmi lassù, protetta da una coperta pelosa blue elettrico ed esposta al vento notturno, che amo.

Il programma estivo pullula di eventi che a Milano definirebbero accattivanti: la tombola in piazza, la sagra della bistecca, il ritorno di Licio, la festa delle torte, l’arrivo settimanale dei pochi turisti che sanno che il paesino esiste e i giornalisti che passano e si fermano attoniti. Ora c’è anche il baracchino con la porchetta e il lampredotto a soli dieci minuti di camminata da casa: hanno l’esta-tea e le bandierine, tutto quello che mi serve per ricordarmi che questo è il tempo del riposo (per gli altri), dell’indulgenza.

Cammino di notte per le viuzze di nascosto dai miei cari, che mi impestano d’amore senza lasciarmi mai un momento di apatia tutto per me: qualcuno si piscia addosso, un altro ha fame, qualcuno ancora sente il bisogno di abbracciarmi e il telefono suona o squilla con dispacci dal resto del mondo. Già: il resto del mondo. Più lo viaggio e più mi sembra che il segreto stia tutto nel paesino sperduto, senza attrattiva se non la sua bellezza, senza accoglienza, rispettoso solo dei ritmi pacati dei suoi abitanti. Più incontro viaggiatori indefessi e meno mi viene voglia di partire: sto cercando casa, la sensazione di.

Cammino di notte, dicevo, e le finestre sono a pochi centimetri dal mio naso. Le finestre sono aperte, non ci sono ladri, non c’è niente. Le luci di pessima qualità illuminano le stanze piccine e arredate con quei mobili della nonna morta che tanto odio nel mio lavoro quanto amo quando vado a prendere un caffè qui con qualcuno, in casa sua. Si sentono mugugni da ogni apertura a notte tarda, si sentono ansimi, dovunque, si vedono ombre fare quelle cose che i ragazzi oggi non sanno più – ma possono scaricare gratuitamente da pornhub. E’ come se il paesino tutto la notte andasse a letto con sè stesso.

La noia è un tappeto per fachiri, e i gridolini si mescolano ai vagiti dei bambini che non vogliono dormire, agli sbuffi di chi ha soldi a cui pensare, ai latrati dei cani che non si arrendono al fatto di dovere stare dietro le grate dei un cancello mentre gli passo accanto. Beati quelli che non hanno l’aperitivo, di essi è il regno del materasso.

13 Comments

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  • Aprile 23, 2020

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  • Agosto 16, 2010

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  • Agosto 16, 2010

    Novella

    Fra parentesi, io nei negozi trovo un sacco di cose nei reparti zerododici, il che da un certo punto di vista è comodo per il fatto che non beccherò mai nessuna vestita come me.. dall’altro però mi immagino sempre il giorno in cui incontrerò la figlia tredicenne di una cugina con la mia stessa gonna rossa..

  • Agosto 16, 2010

    Novella

    Ahahahah, tutto ciò è rassicurante. In un periodo in cui l’ironia mi scarseggia (e per una che fa dell’ironia – insieme alla nutella – l’unico metodo sicuro per arrivare alla fine delle sue giornate, questo è grave assai) questo blog è un porto sicuro per prenderne in prestito!

  • Agosto 12, 2010

    variabile

    Dove sono cresciuto è pieno di iniziative (è la parola giusta “iniziative”?).
    Prima, in questo periodo, c’erano i campi con i cocomeri troppo maturi, non valeva la pena raccoglierli e i ragazzetti avevano mano libera. Altro che Benigni che legge Dante. Forse però non c’entra niente.

  • Agosto 11, 2010

    Juanita de Paola

    Cara Novella, confidando nel fatto che tu non intenda che quella sdraiata sia io, ti confido che la sera metto in bocca un cucchiaino da caffe’ di nutella prima di andare a letto, per permettere ai sogni migliori di prendere il sopravvento sulle ansie lavorativo/esistenziali. Quando entro nei negozi mi portano al reparto vestitoni da vecchia, perche’ il mio torace, dotato di misure extraordinarie, non entra nelle cose normali. Quandunque c’entrassero le tette, poi, il culo rimane stretto stretto nel tessuto. Ho odiato i miei geni profondamente e combatto una battaglia quotidiana alla ricerca doverosa della mia bellezza e della mia forma migliore, ma ho anche scoperto che ci sono delle forme di vestito che mi fanno sembrare fantastica, voluttuosa, quasi “magra”, e li ho fatti replicare all’infinito dalla sartina di casa. Magari tutto questo non c’entra nulla con quello che scrivi, ma vorrei essere sicura che tu non creda di essere in uno di quei blogs dove una donna bellissima si lamenta della forma del polso. No. Credimi.

  • Agosto 11, 2010

    Novella

    Ah però, posso dire che dopo questa foto mi sento truffata e deufradata e tornerò a sentirmi in colpa quando mangerò nutella?
    Naturalmente è per via della coperta blu elettrico..