I (giovani) mammiferi che passano il fine settimana fra un moh-idiot e un cocktail champagne, un ingresso ridotto – come I sogni dei ragazzi, ultimamente – e un aperi-party, temo si perdano la possibilita’ di passare una giornata al circolo ARCI e rigenerare il loro senso estetico. E’ nel luogo del ricordo e delle carte infatti che si svolge la vita parallela e migliore degli abitanti, ad esempio, delle micro comunita’ montane o degli agglomerati di cacciatori e contadini della bassa Toscana.
E’ in questo specie di asilo per grandi dove al posto del biscotto ti danno un gotto di vino che si va a capire cosa (non) sta succedendo in paese, che si lasciano serene I mariti a gozzovigliare fino a tardi sotto lo sguardo vigile del custode, che dara’ loro cento litri di vino ma non permettera’ a nessuno di combinare pastrocchi, di sniffare cocaina o, in linea di massima, di fare stronzate. Nel circol(in)o si ritrovano I vecchi a urlare di politica e calcio, si radunano le vecchie (che siamo noi fra dieci minuti) tutte in tiro per il ballo di coppia, si esibiscono complessi con dei potentissimi apparati strumentali che non ti aspetteresti e dove la Maria, la Gina, la Cheti e la Frida si danno turno per preparare I pranzi sociali.
Non c’e’ bisogno di ragionare molto di eco-compatibilita’ o di bonta’ degli ingredienti, quella e’ roba da svedesi impazziti, qui si va da Vinicio o si acchiappa la roba nell’orto: e’ fortunato un pomodoro che faccia piu’ di un chilometro in vita sua. L’acqua, si beve quella della cannella: buonissima. La frutta c’e’: poca e brutta. Come deve essere. Di questa stagione si inizia a cercare Tiziano per la legna da stipare in cantina, pratica che ci rammenta che presto fara’ freddo; ed e’ giusto ricordare, premunirsi, pensare: non e’ detto che il riscaldamento funzioni ogni giorno, capisci, come non e’ vero che si vive fino a ottantanni, salvo essere molto fortunati; non e’ nemmeno detto che l’inverno sia mite, o che Tiziano rimanga li’ tutto l’anno, o che ci sia un numero da chiamare per ogni evenienza – e’ un miracolo avere un dispaccio che funziona da pizzeria per poche ore al giorno. Qui non c’e’ da sbagliare: devo cominciare a stipare I cuscini nella casina degli ospiti, se no il vento la notte se li porta via. Poi devo rastrellare il giardino. Poi devo innaffiare il basilico e la menta. Poi tra un pasto e un altro c’e’ da fare la spesa, piccola, perche’ la casa e’ su un cucuzzolo e ci si arriva a piedi: niente scorta di Fanta, niente borse dell’ipercoop, niente punti fedelta’, nessuna follia, solo lo stretto necessario.
Si sta in casa, ed e’ bene scegliersi una moglie ciarliera o un marito allegro per non morire di noia: questa e’ la vita, quella che si concilia con il mio esercito di amenita’ elettroniche ma anche con quella cosa che sta nascosta qui dentro: io. A chi mi chiede cosa ci faccio qui, rispondo che non lo so. Io so solo che la mia bambina a tre anni conosce la salvia, il prezzemolo, il basilico, I bofonchi e il momento giusto per chiedere ad un adulto se puo’ comprarle un gelatino. So che davanti al fuoco ci si puo’ chiedere sei felice di passare la tua vita con me? e non avere paura della risposta. So anche che il giornale va ordinato e pagato il giorno prima, sorrido al pensiero dei subprimes e del sistema informatico che abbiamo infilato in ufficio, se no non te lo portano. Non ci sono le sigarette. Ci sono io, con il mio cucciolo unico, con il compagno della mia vita, con il pensiero gioioso di quelli che amo. Che si vedono meglio, un pochino da lontano.