Brilluccichii.

Prendi ogni cosa e buttala via. Prendi le foto e mettile in un saccone nero, saranno almeno diecimila. Prendi i quadri e regalali. Piglia i vestiti, quello che eri, i cd misti che avevano un senso, i giocattoli, i saponi, i trucchi a metà, i ferri da stiro e i piatti e lasciali al primo che passa. Cammina piano verso la spazzatura e spazza tutto via con una risata grassa: è il tuo passato, e non ti riguarda più. Senti la gioia mentre il portellone metallico si richiude, con un tanfo di morto che esce veloce a stantuffo: non mi avrete, cose. Mai.

Tornare a casa madre con una piccola valigia marrone e diecimila foto. Ascoltare musica classica durante il percorso, sperando che ci sia almeno la cavalcata delle valchirie. Lo specchietto retrovisore mi guarda e non c’è verso: quella maschera non c’è più, solo che non mi ero accorta che fosse passato del tempo. Eppure sono io, accidenti, guarda che bella faccia, tonda, felice, sono una potenza della natura. Sarà che dall’alto sembra tutto più ganzo.

Ci vuole una sigaretta, ci vuole l’accendino, questa macchina sa di deodorante da gabinetto. Passeggiano come se non sapessero, come se non fosse visibile che oggi è il mio primo giorno della mia nuova vita, come se non mi invidiassero, perchè vivo nel futuro. Già sono a domani, io. E’ l’ora dei Puffi, corriamo a casa, che se no Cecilia ci rimane male.

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