Vino francese.

Soffro di una malattia gravissima: vivo nel mio piccolo mondo, fatto di piccole cose, dove la crisi economica arriva, certo, ma non cambia i miei gusti ne’ modifica le mie abitudini piu’ di tanto – prima andavo a degustare ventidue volte al mese, ora ci vado dieci. Prima leggevo otto settimanali e adesso ne leggo quattro. Ma il mio ritmo non cambia, la mia aspirazione ad una vita che si assomiglia negli anni, che cambia nello spirito ma poco nella forma, e’ immutata. Fumo raramente ormai, forse dieci sigarette al mese, e solo se ho dintorno donne piu’ giovani e piu’ viziose di me (mi fanno allegria). Dentro le lacrime del bicchiere largo, quello da vino importante, rivedo le mie giornate, leggo il mio futuro – modesto, di camino piu’ che di metropolitana, di verdure piu’ che di sushi – e me ne sento confortata. Ho avuto pochissimo, ho avuto moltissimo, poi di nuovo pochissimo, e in tutta sincerita’ dei soldi non mi importa nulla. Mi mancano invece le mie amicizie di prima, liete e lievi perche’ lieve era il tempo in cui si svolgevano, leggero come la stupidita’ della adolescenza. La mia vita si e’ arricchita di una cucciola che mi somiglia parecchio, ma e’ piu’ alta e piu’ bionda e piu’ magra, ma si lamenta in continuazione. Oggi ho aperto una bottiglia di vino francese pregiatissimo, ne ho bevuto mezzo bicchiere, ho schioccato la lingua, ho pensato a domani: se tutto va bene, sara’ come oggi. Speriamo.

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