Non ho mai capito cosa è lecito chiedere all’amore, difatti non ho mai chiesto molto, al punto che a un certo momento mi sono sempre trovata esausta, svuotata. Cosa dire: a tratti credo che l’amore non esista, in altri momenti mi sembra di essere pervasa da una grande sensazione di dolcezza, che ha molto poco a che fare con la mia fase preferita della relazione, ovvero le prime sei settimane.
Nel mio immaginario esiste un uomo, frutto di film dementi in commistione con un innamoramento da primogenita per suo padre, che si prende cura di me e sa sempre cosa fare ma si fa vedere una volta al mese. Che devo fare, sono sbagliata, le relazioni giorno per giorno mi succhiano via l’allegria, mi tolgono la concentrazione, mi sembrano incesti autorizzati.
E io ci provo, poverina, a fare del mio meglio, ma sono fatta così: non ho il gene della (brava) fidanzata, della (brava) moglie. Sono piuttosto un fallimento di marito reincarnato in un corpo femminile, e non ce n’è ora che non me ne duolga; ho addirittura il pregio di essermi sempre fatta lasciare, tecnica più maschile che femminile, per abbandono emotivo del tetto coniugale o simili. Io mi vergogno di me stessa, ma non conosco altro, questo è il mio alfabeto emotivo e dovrei faremi fare un trapianto di cervello.
Il mio proposito e speranza per il 2010 è che gli uomini che mi si attaccano alle caviglie implorandomi di essere carina e gentile mi vedano finalmente per quella creatura patetica che sono, che mi trattino male, che si dimentichino di me, che mi facciano un pochino pensare e penare, che qui mi sto facendo due palle come una casa.