Dateci un palinsesto perbenino.

Juanita de Paola

I canali digitali sono un’invenzione straordinaria, nel senso che è possibile perdere contemporaneamente tutte le tante trasmissioni che interessano e, finalmente, il sabato sera non avere nulla da guardare su base mondiale. Uno potrebbe alzare la manina e dire ma my sky? Il punto è questo: l’unico programma che vale la pena di vedere è quello che tutti devono (quasi) obbligatoriamente vedere. Il senso della televisione, quella grassa dietro, è l’aspettativa di essere delusi assieme al resto dell’umanità, perlomeno quella che vive nelle vicine prossimità nazionali, per poi poterne parlare l’indomani al bar oppure leggerne la recensione di Aldo Grasso.

Non appartengo alla schiera di quelli che registravano i programmi sulle vhs (levandoci le pubblicità), quindi non c’è un motivo affinchè dedichi un solo minuto della mia attenzione ad un decoder, per impartirgli degli ordini sulle mie future visioni. Oltretutto sono superstiziosa, quindi se disgraziatamente volessi memorizzare una trasmissione il prossimo sabato, vivrei sette giorni con la certezza di morire prima. Non compilo, sempre per lo stesso motivo, i buoni pasto di mia figlia in anticipo: e se le succedesse qualche cosa? Starei tutta la vita a guardare i buoni dei giorni in cui non esisteva più, già mi vedo la scena.

Non sono nemmeno di quelli che prendono il prosciutto senza grasso o l’orripilante bresaola, perchè il bianco delle fette mi fa schifo ma ho bisogno che sia lì, a disturbare, per rendermi il rosso un pochino più difficile, appetibile. Di conseguenza l’idea di avere a disposizione sei puntate consecutive di Lie to me senza interruzione pubblicitaria mi fa lo stesso effetto di un marito che dopo dieci anni di convivenza vuole provare a farlo sulla lavatrice, come la prima volta, o una moglie con dieci chili di troppo che si mette il baby doll rosso. Stroppia.

Mi auspicavo che le produzioni televisive intuissero cosa, finalmente, avrebbe risollevato le loro sorti dopo l’avvento di youtube e sky: qualità, monoteismo e celebrazione delle nicchie. Avrebbero potuto debambinizzare i palinsesti, decomicizzarli, eliminare del tutto i telegiornali che tanto ormai non hanno senso, visto che il superenalotto sovrasta le news dall’oriente e la cronaca nera fa quasi sempre da apertura. Avrebbero potuto realizzare tre canali politicizzati, dichiaratemente politicizzati, per farci ammirare il mondo da ottiche diverse ma uguali, e darci il conforto di essere comunisti la domenica e pidiellini il sabato, come si conviene. Avrebbero anche potuto realizzare un programmone da sabato sera, senza conduttore – e senza vallette, o Dio -, di cui sparlare il giorno dopo e corsi di informatizzazione per i vecchi, o diversamente giovani.

Invece siamo alla diluizione degli interessi statistici, medi e ponderati. Il programmone del sabato è talmente fetido che è impossibile, dico una ci prova ma nulla, guardarlo, fra le zinne debordanti della Clerici, cui è stata fatta la grazia di condurre forse perchè così beije, così strappona. Nessun documentario sugoso su come ottenere un finanziamento europeo senza chiamarsi confcommercio, nessun documentario sugli effetti catartici della wii, nessun telegiornale tematico – oggi signori e signore solo notizie che iniziano per f – e niente, soprattutto, che non si possa trovare anche a casa Murdoch. Siamo diabetici a un banchetto di torte.

1 Comment

  • Febbraio 14, 2020

    ig

    What’s up, yes this article is really fastidious and I have learned lot of things from it on the topic of blogging.
    thanks.