Dopo tutto, sappiamo che quelle sono bugie: non è che una storia finisca perchè lui si lava le mani cento volte al giorno, lei mette anice nel pout-pourri o una guerra inizi perchè un messo viene defenestrato. C’è tutto un allenamento precedente, che coinvolge ogni senso, fatto di “ti devo odiare perchè”. Allora ogni cosa diventa un deliberato atto di sfida, quello che prima era pacifica abitudine diventa assalto alla propria serenità, “ma soprattutto a quella degli altri” – ci fosse mai nessuno che dice voglio fare la guerra con te perchè mi fai venire l’allergia, no, c’è sempre bisogno di tirare dentro figli, anziani e umanità intera – e un pretesto per salvare i cittadini dal proprio, cattivo, governo.
Io sto fra quelli che sperano che qualcun’altro la faccia scoppiare, la giusta guerra, perchè sono una codarda e non amo i confronti. Detto questo, sono anche una brava diavola, che sopporta oltre limiti concepibili per pochi. E cosa mai sopporterò? Cose. Cose gravi. Cose rivoltanti. Cose tristi. Le sopporto tutte senza cascare mai, fino al giorno in cui decido di tagliarmi le gambe per non proseguire più il cammino: l’ho fatto in passato, l’ho fatto di nuovo. Mi arrendo, nell’Ottobre 2009, al fatto che le Cose sono più grandi di me. Che non esiste una forma chiara di abuso e che, anzi, spesso passa sotto forma di carezze. Che le persone non sono tutte così buone come si crede, anzi, e che chi non si difende è un imbecille. Getto la spugna, finalmente, e me ne sento subito felice, alzo la guardia e inizio la guerra.
In fondo, dopo tutto, sono solo piccoli omicidi: una volta ammazzi la promessa che ti eri fatta a dodici anni. Il giorno dopo passi alle speranze dei venti. Poi sventri tutta la buona fede. Poi. Ma chi se ne frega. Il punto è questo: rimane, in fondo, sepolta, la vivacità, la verità, la vita. Nessuno te le toglie. Sei lì, crocefissa da chi non ti considera altro che un ostacolo oppure un feticcio, sei lì sotto la polvere dopo che ti è cascato un tetto in testa, sei stanca e hai pure freddo. Ma tanto sei ancora lì. E guai a chi tocca il cane che dormiva sognando l’osso.
Ora. Hey baby, take a walk on the wild side. E’ vero tutto. E’ vero. E’ vero che ti assassinano. E’ vero che ti succhiano. E’ vero che l’inps, l’ici, che la moglie ti tradisce e il marito ti ruba i soldi dal portafogli, che la figlia è l’amante del tuo migliore amico e il figlio è finocchio. Che le tasse sono troppo alte e che la televisione fa schifo. Che la buca nel marciapiede è lì da ventanni. Che non ti ricordi del perchè abiti lì, con quella gente. Che tu sei diversa, diverso, che te sei di un’altra pasta – più croccante fuori, più morbida dentro. E allora attacchi a fischiettare,ne combini una grossa, grossissima, tanto per rimetterti in pari con tutto e tutti, ti porti una birretta e una sigaretta e te la bevi e te la fumi da sola. Sulla strada che va al poggetto. Alzi il dito medio: maledetti, non avrete il mio scalpo. E ridi. Hey baby, take a walk on the wild side.
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