La perfetta compagnia per una cena.

juanita

Per capire appieno un interlocutore bisogna chiedergli se e come riesce a valutare un’opera d’arte. Le due correnti sono la emozionale – mi piace perchè mi dà un’emozione, perchè mi fa sentire bene, perchè ci riconosco qualcosa, perchè mi tira fuori questo e quell’altro – e la contestuale: ho studiato questo artista, viene dalla Puglia e ha vissuto a Parigi dieci anni con un imbuto infilato su per l’ano; infatti se noti bene la pittura è rarefatta, come un attacco di colite in treno. Disegna solo nei toni del verde, perchè quando abitava nella mansarda (sempre a Parigi) dall’abbaino poteva vedere un cortile con un giardinetto. E basta.

Nessuno dei due sistemi mi convince, anzi, sono sicura che la pittura, la poesia, la scultura e soprattutto la musica siano sottoposti al più subdolo e immotivato dei giudizi: quello del popolo minore. Popolo minore non è solo la lavandaia, per antonomasia, ma anche il piastrellista che ha fatto i soldi e compra le tele famose col finanziamento. Io, ad esempio. Ma anche l’arredatrice londinese di grido che obbliga i suoi committenti ad acquistare i quadri da Sotheby solo se si intonano al tortora, capisaldo del suo operato. Le gallerie bianche con le opere affordable da parte del popolo minore, sono uno scam, sono una fregatura: non esiste arte abbordabile, niente che sia costato meno di qualche centinaio di migliaio di euro in termini di investimento o sacrificio esistenziale ha il phisique du role per entrare nella storia e rimanerci.

Il successo di un’opera lo decreta, invece, la qualità dei suoi acquirenti; ecco perchè consiglio ai miei amici talentuosi di rifuggere le letture gratuite, i cd promozionali, la beneficienza – e soprattutto le gallerie artigiane.  Nulla di più triste di un’esposizione di quadri con le cornici da sei euro e un curatore con la forfora. Quindi trovare un canale che incroci la camminata degli acquirenti scicchissimi è la via maestra per entrare nella storia – anche se i critici fanno finta che non conti, poi si cacano addosso quando devono intervistare Lady Gaga – e l’unico modo per arrivare a mostrare qualche stoffa.

L’opera destinata al successo è quella che risuona allo stereo, si vede nella televisione o sta appesa sopra il camino di AA Gill, di Julian Schnabel, di Franca Sozzani. Quindi al mio amico F, piastrellista arricchito che non offre mai la cena, ho consigliato di seguire zitto zitto l’altro nostro amico (M) che ha risollevato le sorti di V, e di fare tutto quello che fa lui –  comprare gli stessi cd, acquistare gli stessi quadri. Produrre qualche musicista agli inizi (ma solo dopo avere ottenuto l’approvazione di M). Di mettere nel giardino della villa in Umbria le stesse statue. Di leggere gli stessi libri. Poi di fare un fischio quando il suo musicista comincia a fare furore, e ricordarsi della sua amica che gli aveva spiegato come fare.

Quindi, per tornare all’uso dell’arte e del suo commento che noi del popolo minore possiamo fare, mai invitare a cena due persone che giudicano le opere in base alle emozioni: non sparecchiano mai. Ma nemmeno due persone che contestualizzano ogni pennata di chitarra, perchè fanno addormentare i pesci rossi nella vasca. Mescolare, è la parola d’ordine, privilegiando le amiche come la mia W, che riconosce gli artisti famosi in base a quando e come ce n’ha combinate delle negre. Serbare un posto per chi si astiene dal giudizio: in genere è un master del vino bianco.

1 Comment

  • Febbraio 14, 2020

    ig

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