Ho sceso, mandandoti accidenti, un milione di scale con le casse dell’acqua in mano.

Ho sposato un americano. Non tecnicamente, ancora, ma ci siamo vicino. Con questo strano uomo alto, magro e molto, ma molto, metrosexual ho scelto di vivere la mia vita ideale – quella pianificata – e persino quella reale – quella accaduta davvero. Con lui, come immaginavo, ho abbracciato una cultura nuova (due, perche’ vive da sedici anni a Londra) e dato a mia figlia la possibilita’ di parlare male due lingue subito da piccola. Fin dall’inizio ci siamo spartiti i compiti in casa, come fanno le coppie moderne – io tutto, lui nulla – e asserito sui nodi focali dell’educazione di nostra figlia, if you bring her to the church again i swear to God i am calling a lawyer, ma anche sarete ganzi voi, con la pena di morte, ma perche’ non vi suicidate? Le nostre discussioni politiche, sempre benattese dai nostri amici e parenti, sono un susseguirsi di minacce e offese di bassissimo livello,  ma dentro di noi siamo consci dell’arricchimento che deriva da due culture diverse che si mescolano, ad esempio: sapere di chi e’ colpa se la gente perde le case con un mutuo-bolla o imparare la virtu’ dell’essere nuda e disponibile per ottenere un seggio elettorale. Non ci incontriamo molto sul terreno del cucinare, anche perche’ aldila’ del riso mantecato con oggetti circostanti io non sono molto forte ai fornelli, ma negli anni ho imparato che un litro di panna liquida fa il mio amore felice, qualunque cosa gli metta in tavola, e questo e’ quello che conta.    

Il periodo del post-parto e’ stato notevole, come il peso che ho raggiunto, e come ogni coppia moderna abbiamo ripreso a fare quelle cose che si fanno in camera  in grande velocita’: dopo circa un anno e mezzo. Io provavo con impegno a mettermi nell’ordine di idee, ecco, ma avevo la sensazione di essermi arenata, prorio come una balena sulla spiaggia di Viareggio. Questa a-fisicita’ non ha pero’ minato i capisaldi della nostra relazione democratica  e tres-chic, e io ho continuato a menarlo come prima, ogni volta che e’ tornato sbronzo come una falena cascata nella botte di Barolo, maledicendo il popolo anglosassone e quello americano in rime baciate che finivano tutte per “azzo”.

Essendo una donna manager, una di quelle che sono realizzate a tutto tondo,  ma proprio tondo, e che al lavoro pensano con rammarico alla casa e viceversa, ho trovato naturale sviluppare una tecnica di allattamento con cellulare incastrato fra la poppa libera e l’orecchio li’ vicino che mi permetteva anche di tenere la bimba in collo e digitare emails. Dopo un mese ero di nuovo in ufficio, e ho capito perche’ le donne piuttosto che sare in casa vanno a pulire gli stadi per beneficienza: perche’ nulla e’ piu’ orrido che vivere la famiglia dalla parte della moglie e mamma. La bimba cresceva in armonia, fra una pentola esplosa perche’ dimenticata sul fuoco, una lettera dell’avvocato e una maledizione di Montezuma, mentre io ed il mio compagno ricominciavamo a rivedere il mondo assieme: lui da un areoplano, io dal terrazzino del nostro primo appartamento, con vista su vedova annaffiante.  Erin ha sempre fatto in modo di non farmi sentire trascurata, e su ogni sacchetto della spazzatura dimenticato dentro casa ha sempre lasciato qualcosa sopra, che so, una cartaccia, un fazzoletto usato, a testimoniare hey love, i was here.

Il tempo passa veloce, e dopo qualche anno abbiamo cambiato casa, ci siamo rimessi in forma(lina), abbiamo scoperto che no, non e’ possibile vivere come Kate Moss & Co. ed andare drogati marci a tutti i festival rock di Europa, senza che i servizi sociali ti levino la figlia, a meno che tu non abbia il loro potenziale economico e, therefore, un team di dodici tate a disposizione. Abbiamo pero’ fatto i punti del Conad, dell’Esselunga, del Dico e di qualunque cosa, perche’ le nottate invernali sono lunghe e molte, e io ho cosi’ accumulato centoquattordici tazzine, ognuna diversa dall’altra, con piattini di tutti i colori, stipate anche sotto i letti: et voila’, la dote della bimba e’ belleffatta.

Siamo in vacanza, adesso, e un ragno mi ha tirato un morso sul sedere, evento che ha scatenato una reazione cutanea orrenda e vistosa lungo tutta la gamba sinistra, da dietro mi fa sembrare uno degli amici di Madre Teresa, eppure non ci scoraggiamo: lui oggi mi ha comprato il mio giornale preferito e guardandomi con grandi occhi mi ha chiesto: “Love, did you remember to put parmisan and salt in this rice?”. Anzi. La vita di coppia, diceva qualcuno, e’ un giornaliero scambio di malumore e un notturno scambio di maleodore; io propendo piu’ per la versione di Ernesto: hasta la victoria siempre.

Ieri sera abbiamo avuto una piacevole conversazione sulla Chiesa Cattolica e la vicenda dei preti pedofili, conversazione che ha preso toni garbati e civili (il sussidiario americano ha 16 pagine, razza di menomato; gli italiani non sono abituati ad esprimere opinioni in maniera logica; sei un povero demente organico, un fallito; sei una cretina coatta e cattolica) e, per incrementare la passione nata al tavolino, abbiamo deciso che lui dormisse sul divano. Dal mio canto non ho resistito, sono pur sempre una donna mediterranea, e alle tre sono scesa in salotto in sottoveste e ho fatto quello che ogni donna vera avrebbe fatto: gli ho chiuso tutte le finestre, di modo che stamattina si svegliasse con il malditesta in una temperatura da hammam, e levato la bottiglia dell’acqua. Che ci vuoi fare, e’  l’amore ai tempi della globalizzazione.

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