Quando sento che c’è qualcosa che non va comincio a fare la lista e verificare i punti: penso prima alla salute, mi chiedo se qualche segnale sulla pelle o nei modi di fare dei miei cari possa essere un inidizio di degenerazione. Non vorrei mai trovarmi nella situazione di dire certo, lo si poteva intuire – ma non ho fatto nulla per evitarlo. In seconda battuta mi soffermo sul lavoro.
E’ ancora grande (enorme) la tentazione di tirare avanti con il lavoro come un asino alla soma per poter sedermi ad un consesso familiare e dire: io ce l’ho fatta, vedete? Mi rendo conto che le parole sull’umiltà e “quello che conta è l’amore” in me sono delle medicine anti-feticcio, dei mantra che mi ripeto per tenere alla larga il mio io più scellerato, quello che ama l’agio, le cose belle, le tavole esclusive. Non sono una persona umile di natura, anzi, devo ai miei genitori un’autostima fuori dal regolare, al punto che quando vengo rifiutata in qualunque campo penso poverini, non mi hanno capito.
Finito il campo lavorativo penso alle amicizie, mi chiedo se ci sia qualcosa che potrei fare per avvicinarmi di più a quella o quell’altra persona, salvo scoprire che non ce la farei: non so stare in compagnia per più di due ore a settimana, e sono fortunata ad avere amiche che ogni tanto si ricordano di chiamarmi, perchè se dipendesse da me ci si incontrerebbe per caso. Ho lasciato solo i cari cui posso chiedere qualcosa ed ho smesso di essere utile, che considero la mia più difficile e migliore conquista.
Lascio sempre da ultimo l’argomento principe, l’amore, nel quale sono una povera handicappata con licenza di tenere famiglia: mi stupisce che avara come sono io abbia avuto la fortuna di averne una, che guardino a me con rispetto. Anzi, credo sempre che un giorno venga qualcuno e me li porti via, perchè non li merito.
Finita la lista, che solo a ripeterla anche senza addurre soluzioni mi calma – riempie quella gora ansiosa di cui la natura mi ha dotato -, passo alla Musica. Ripercorro le mie playlists, salvate per dove mi trovo (Londra 2000, Vellano 2002, Berlino 2006) fuorchè casa, e ritrovo neutrini di felicità, la mia consolazione e fonte inesauribile di entusiasmi, assieme alle piantine che annaffio di nascosto affinchè nessuno possa dire in futuro che ero una brava donnina di casa.
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