Poter dire: io c’ero.

Juanita de Paola

La serata in terrazza con il Grande Artista e il suo complesso andò molto bene, vennero per pochi euro c’è da dire, per passione – molto probabilmente per godersi un pò di fresco in Agosto, che non guasta mai. Mentre suonavano, noialtri degustavamo orecchiette alla salsiccia e broccoli; il fatto che in una locanda montagnina della Toscana si servisse una specialità smaccatamente del sud era solo uno dei tanti elementi che mi facevano rimanere innamorata di Vellano. All’epoca bivaccavamo tutti in casa di Johnny, il pianista calabrese sull’oceano che finiva di bere tutti i vini di tutti i tavoli. Dopo una sonora sgranata e una bevuta epocale, come il giorno prima e quello dopo, ci si trasferiva muniti di chitarra e bel canto in questa stamberga, con una vista e una muffa impareggiabili.

Venne anche il Grande Cantante Davvero, accompagnato dal suo contrabbassista, e la mia amica Virginia. La ragazza, dopo aver provato tutta la sera a farsi mio padre ma avendo rimediato un altro mio amico, tornò alla tavola. Poi passò prima dal contrabbasso e, a seguire, dalle corde della chitarra. Io ero ammirata di tanto slancio fisico, insomma, ci vuole anche dell’energia per barcamenarsi quattro addomi in meno di tre ore. Dopo un pò arrivò anche il suo ragazzo, nel frattempo il contrabbassista mi strizzò l’occhio – alla fine della fiera, non l’avevo procacciata io? C’era un sacco di gente che mi era grata quella sera.

Mi ero accasciata sul divano con un piccolo plaid, nel salottino buio, per riposare, poichè una cosa è rimasta costante nella mia vita: io devo dormire. Ebbi la gioia di sentire i vari turni, che si svolgevano nelle salette contigue: una copula in cucina, una nell’ingresso, una nella camera e, credo, se ho interpretato bene i suoni, anche un mugolone nel corridoio che portava alla camera da letto grande, dove il resto della gente stava ancora suonando canzoni popolari e uno dei miei pezzi preferiti in assoluto: A Night in Tunisia. Suonata alla spagnola, tutta ritardata sull’ultima nota, entrata come se stesse scappando, non la cantava nessuno a parte me nel dormiveglia.

Per me dormire è un piacere talmente grande, per intendersi, che mia figlia è finita in una stanzina da sola al ventesimo giorno di vita per non turbare il mio equilibrio notturno. A luce spenta, tante le volte il bagliore potesse svegliarla. Allo scadere del terzo mese la poppata notturna è stata abbandonata, e con essa tutte le stronzate che le donne si sono inventate pur di patire la gravidanza come e più del matrimonio: pesare un figliolo per vedere se ha assunto più di quanto ha cacato o cambiargli il pannolino a intervalli regolari di due ore, per citarne due.

Quindi dormire era primario anche la sera che Famoso Performer era di là nel salotto di Johnny a snocciolare canzoni come litanie: e così feci. Dopo qualche minuto o ora, non saprei, ho cominciato ad avere sogni agitati, quelli in cui affoghi dentro un buco e senti una presenza nefasta che ti sta dietro. Non è facile svegliarmi, eppure questo ectoplasma onirico ce la fece. Solo che non era un’entità astratta bensì il sedere della Virginia che, non avendo pià spazi liberi per accoppiarsi e non avendo percepito la mia presenza, si era sdraiata sullo stesso divano per congiungersi al mio migliore amico ubriaco come un cinghiale.

Furono, quelli sì, minuti intensi, tra l’altro quei rumori non si dovrebbero mai sentire, men che meno da persone che conosci, perchè sono veramente cacofonici. Finita l’arrembata, assistito mio malgrado alle risatine posteriori, i miei coinquilini accesero la luce per cercare le sigarette e, oltre al pacchetto di MS (le uniche che vendevano alla Locanda) trovarono anche me, imbarazzata ma sicuramente rallegrata per la loro trovata intimità. La stramba alchimia che governa il laboratorio relazioni umane si basa sul teorema del tu buttalo dentro la provetta e vediamo che succede, ovvero ci sono più probabilità che la tua amica ninfomane si metta col tuo migliore amico di quanto tu creda.

E ha voglia una di dire che va tutto bene, e sono felice per voi e altre miserie morali, la verità è che se fossimo noi a creare le coppie, queste sarebbero perfette, e non si dovrebbe poi essere invitati alle cermonie dai tuoi amici che quella sera non solo non hanno controllato che non ci fosse nessuno nella stanza dell’amor, ma ti hanno nominato ogni volta che qualcuno ha chiesto loro e come vi siete incontrati?

8 Comments

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