Per capire i motivi che portano Hutu e Tutsi a sfasciarsi a colpi di machete non importa piu’ avere una laurea in storiografia, basta stare nelle quinte di una recitina di una scuola primaria qualunque: mamme che fanno la guardia al tutu’ della bimba con lo stesso ghigno di un corso pugliese, sorelle che guardano la conca dei brillantini nascondendo un coltello taglia-ditini tante le volte un’altra bambina (6 anni) provasse a intuffarci dentro le proprie tonde falangi – te, carina, questi sono per la mia Asia, non per te – spiegano perfettamente il virus che colpisce il cervello in presenza di competizione, di ogni tipo. E se le mamme delle femmine, che oggi vestono le bambine come prostitute tailandesi, fanno la loro porca figura, quelle dei maschi non sono da meno, specialmente alle partite di calcio o pallacanestro: “Arbitro peoro* ti aspetto fuori!” sono solo alcuni dei gridi delle nostre. Tutto questo in istituti privati, retti da suore, rette da Circolo Nautico a Montecarlo. Se, per finire, alla recitina in cui sono tutti vestiti da margherite ti si avvicina una bambina vestita da orto botanico Fiorentino del ‘400 non te la pigliare con lei, e’ vittima di una pazza – e’ quella dietro di te in macchina, nella Jaguar Prosopopeus, che sfanala perche’ vai troppo piano.
(* = pe’oro, da pecoro, la cui moglie ha avuto intercorso nascosto con qualcun altro mentre lui non c’era)