L’uomo è cambiato, si è evoluto diciamo, e le donne stanno sviluppando uno scroto per reazione. Mi è venuta in mente questa frase, così, come se avessi impellenza di scriverla dentro un biscotto cinese della fortuna, dopo avere visto le manovre di avvistamento di un amica presso un uomo di trentasei anni circa. Il babbuino maschio era aggrappato al suo ramo di bar, mangiando croccantini e ordinando un americano a scadenze regolari di venti minuti, durante le quali ripercorreva esattamente lo stesso percorso con lo sguardo a volo d’uccello sulla platea, composta nel 95% da donne con la bava alla bocca, sottopeso e allampanate da solarium. Il mammifero subiva erezioni spontanee, lo si vedeva che non erano cercate perchè ogni tanto si guardava laggiù in basso e sghignazzava, compiaciuto della reazione fisica giovanile e sana.
La mia amica, una donna divenuta scopa senza forme nella vana speranza di attirare maschi, si avvicina e ruttando vino senza accorgersene – ci vogliono almeno sei bevute al costo di 8 euro l’una per raccattare coraggio e farsi avanti con un maschio, di questi tempi – gli dice qualcosa, lo stordisce con un fiato da soffione boracifero e lo invita, senza tanti preamboli, al gabinetto. Ora, ai miei tempi, quando io avevo sedici anni e sopracciglia troppo folte per potere mai rimorchiare, i ragazzi ti portavano al bagno se eri una poco di buono ma ti assicuravano momenti piacevoli. Oggi li porti al bagno tu, perchè hai l’ormone che ti annebbia la vista, e loro si ripassano il gel senza radicali liberi nei capelli.
L’amica rientra, le amiche la consolano con la frase di rito “non c’è trippa per gatti neanche stasera eh”, e poi iniziano i giri delle bevute della staffa ovvero della onsolazione. Girandosi attorno le persone subiscono mutazioni progressive: arrivano tutti carini e tutte fighissime, ma verso l’una si scoglie il trucco, si slaccia il wonderbra, si vedono le rughe delle lampade sotto le luci e le caviglie gonfie per essere stati troppo in piedi; cresce il numero delle cornee, le orecchie cambiano posto e la bocca prende un ghigno satanico a metà fra sorriso e paresi. Qualcuno si avvicina al muro, si appoggia e nel migliore dei casi tira una loffa micidiale, dovuta ai capperini, cipolline e mais fritto. Qualcunaltra si rifà il trucco come un panda, ubriaca fradicia, e poi torna in scena con la faccia trionfale eppure demente. Le ragazze continuano a fare giri consolatori, la mattina dopo avranno denti viola, un buzzo come un otre e svariati chili di malditesta.
Credo che la trivialità di questi incontri sia comune, ecco, non penso che ci sia una grande differenza fra Montecatini e Manhattan, se uno trascura il fatto che uscendo dal locale e trovandosi sulla quinta si possa provare un lieve senso di gioia rispetto all’emozione provata nel vedere i ragazzetti con la testa troppo rasata del Piccolo Bar. Ma insomma qui ci sono le colline dintorno, e lì c’hanno Long Island, sicchè poggio e buca fanno pari. L’uscita del sabato sera non è divertimento, nemmeno per un minuto. E’ l’equivalente dei riti tribali africani, una sorta di passaggio obbligatorio per poi godersi i tempi della Grande Noia, ovvero il matrimonio e sinonimi. Difatti, il venerdì degli accoppiati, quando non si hanno i soldi per fare l’aperitivo o amici con cui comunque bere qualcosa, tornano in mente questi episodi e si pensa con gioia ai settantanni, quando qualche acciaccio ci sarà di impedimento e finalmente non ci saranno bar o ristopub, ma trattorie alla Domenica. Per pranzo.