Lasciami fare.

01E ora lasciami fare, ascoltare la musica forte nell’orecchio, profondo, chiudere lo switch del servizio, attivare l’ego-mode. Divorata viva dal dovere e dalla regola benedettina, sogno di prati e silenzio da carmina burana, in un futuro post atomico di solitudine. Chiasso, continuo, è in questo che vivo, e non parlo solo del rumore, ma soprattutto di quella sega elettrica che dissuona fra quello che voglio e quello che faccio. E’ questo il mondo dove vivo, e bisognerebbe essere grati per quello che si ha, ma certi giorni il telefono non smette di squillare, il mondo non smette di essere irragionevole, io non smetto di avere paura. Chiudo gli occhi. Mi brucia la sconfitta. Mi fa male il collo, c’è troppo peso sopra padrone oggi, levami uno o due carichi di marmo o diventerò una statua io stessa. Dammi una piccola discesa ora, permettimi di essere elusiva, approssimativa, lascia che le cose scorrano giù senza fare attrito. Era una notte buia e tempestosa, ma calda, di stelle bianche e piccine, come l’11 di agosto: quella notte la videro girarsi, ridere, e sparire in un buco nero, scivolare giù senza gravità e atterrare serena, come chi sa che il giorno è ancora tutto da fare.

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