Qualcosa non cambia mai nei racconti degli stranieri della Toscana: non ci beccano mai. A partire dai libri da tavolo, ovvero del come entrare in libreria per comprare qualcosa che non verrà letto ma che costa comunque molto, che ritraggono finestrine celesti, chili di pane lasciati in mezzo ai fiori sui tavoli, brocchette di olio in cristallo, coperte a quadrettoni, e albe arancione violato, la tipica percezione di questa regione che da sola colleziona un nono del patrimonio artistico mondiale, o giù di lì, è talmente svasata che persino chi ci abita ha cominciato a percepirla così. In particolare la spocchia del terreno dove il vino di medio-alta qualità sovrasta quello francese, dove castelli di grande bellezza si sono ritrovati in mano a eredi di grandi nomi ma di capitali minuscoli – è la liquidità che ci manca -, dove se si torna dopo ventanni si ritrovano circa le stesse cose, quella spocchia di una terra che si assomiglia nei secoli, si è trasferita ai suoi abitanti, maschi e femmine.
Sarà capitato anche a voi, se avete lo stesso egograndismo di cui soffro io, di pensare non gli piaccio perchè è finocchio, oppure non gli garbo perchè sono troppo per lui, e così via. Mai, dico mai, una volta mi ha balenato il dubbio che io fossi stata scartata per cattiva prestazione fisica o, addirittura, per non sopraggiunta qualità intellettuale. Questo, sono sicura, ha provocato l’ilarità di molti di quelli che invece mi avranno sicuramente qualificato come culona, o tappetta, o vecchietta, o chissà quali altri cose – Dio Cristo, ho persino le gambe a ics, ma ha certamente stuzzicato l’appetito di quelli con cui, poi, invece sono uscita.
Così ho avuto dei ragazzi, dei bambini e degli uomini fra le mani. In Toscana. Con qualcuno ho deciso di compicciare qualcosa, con la maggior parte ho giocato il più bel gioco del mondo, lo scaldamutande, che finisce con lui che si prefigura chissà cosa e io che me ne torno a letto a casa mia. I mammiferi maschi sono alquanto elementari, e questo gioca sempre a favore di quelle come me, che l’amore se lo giocano a equazioni. Queste meravigliose creature, gli uomini, hanno delle esigenze primitive che vanno soddisfatte. La prima è sicuramente quella di credere di avere a che fare con una donna che a malapena sa come si bacia con la lingua, a dodici anni come a sessanta; la notizia che lei abbia avuto solo un uomo per ventanni e che abbiano fatto l’amore solo due volte perchè lui era un sadico e malato di mente è tuttoggi creduta dall’80% degli uomini all’inizio di una nuova storia.
Dopo avere conquistato la sua fiducia sotto forma di vergine sacrificale, è il momento di fargli capire che pur mangiando come sfondate alle cene assieme, si tende a non ingrassare, anche perchè si mangia ogni dodici giorni. Pur conoscendo a menadito tutti i vini prodotti anche nel più meschino dei vigneti, pur sapendo le percentuali di solfiti che caratterizzano le produzioni e la procedura precisa per ottenere la grappa, quando si arriva ad ordinare il vino è il turno di lasciare fare a lui, che sceglierà sempre e solo quello che costa 18 euro, una maledetta Vernaccia o un dannatissimo Syrah. Finita cena, facendo finta di essere completamente brille, si sarà fatto del buon sesso se il ragazzo ha mostrato validità e non ha citato sua madre a cena più di dieci volte. Sesso sfrenato, qualche volta, ricordandosi di mantenere lo sguardo così, un pò spaurito, affinchè lui non creda che questa cosa è già successa prima di lui. Come sei bello, e lui già si vede andare a calcetto tutti i venerdì sera con i suoi amici, contento di tornare a casa dalla sua Gina. Se poi, senza ridere, si riesce a dirgli che non era mai stato così intenso, così bello, è fatta.
Questi poveri uomini, dibattuti fra il desiderio di fare qualcosa di loro stessi e litigare con la propria madre, fra l’incapacità di fare qualcosa di costruttivo invece che ammazzarsi di canne, o di cocaina, o di lavoro, li ho amati tutti. Anzi nessuno, a dire la verità.