L’infinito piacere.

L’infinito piacere, o piacere prolungato all’infinito, è argomento che appartiene a chi si pregusta quello che deve arrivare dopo, non solo, ma soprattutto a chi fa in modo che ci sia sempre un evento piacevole a seguire di uno in dirittura di finire. Così come i fumatori mangiano o fanno il bagno al mare solo perchè dopo la sigaretta è ancora più buona, altrettanto i pittori si disinteressano della tela da finire perchè già pensano al soggetto, colore e tecnica successivi. Allo stesso modo, scalando le montagne si viene presi da una smania irrazionale di andare sempre più su, in percorsi sempre più impervi, in ghiacciai o su cime rocciose. Chi appartiene alla categoria dei gustatori di infinito piacere, poi, o non nuota affatto o, se lo fa, riesce ad attraversare la Manica senza allenamento. E’ una categoria trasversale, che non ha legami nè con lo status sociale nè con l’educazione familiare, ma è una caratteristica che ci accomuna dagli Inuit ai Neo Zelandesi. Non si manifesta ad un certo punto, ci si nasce e basta.

Uno dei ricordi felici, moltissimi, della mia infanzia, è ad esempio la nonna Gemma, che non era nemmeno parente ma in campagna tutti è come se fossero dello stesso ceppo, che scuoiando un animale, accoppando un maiale a martellate o tirando colli alle galline, si beveva dei gotti di vino da paura. Ovvero, fra un omicidio e un altro, si sedeva soddisfatta davanti alle stie delle galline, sorrideva e si piegava come una ciabatta araba piena di grinze, e giù, glu, un gottino. Forse perchè è il primo ricordo conscio di un momento felice, mi si è impresso nel cervello e mi ha costretto, da grande, a ripetere quello schermo all’infinito.

Il succo di questo discorso è che nella vita, turandosi il naso, si può sopportare di tutto. Ma fra un omicidio e uno scuoiamento bisogna che ci sia un gotto di vino, un corvo canterino o un’immagine felice, perchè se no, allora, tanto valeva reincarnarsi in un passaggio a livello.

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