L’unica estate possibile è quella della tapparella abbassata, del documentario sulla Savana a volume undici e la propria famiglia che sonnecchia in luogo altro della casa. Alle due, mentre i leoni sbadigliano per abbassarsi la temperatura corporea – ottavo mistero gaudioso o confusione con l’ippopotamo? – ho spalancati davanti almeno quattro quotidiani, un mensile e vari settimanali da impilare per fare bella figura con gli amici quando ti vengono a trovare, tra cui spicca (per le copertine) sicuramente quello del Corriere. Siamo calvinisti, gente con un senso del dovere che lavora oltre la giusta misura, e che trova riposo nell’ozio increativo. Bisogna fermarlo, il cervello, almeno un’ora al giorno, per non impazzire di stimoli e idee balsane. Vorrei avere una casa come Richard Meier, dove i libri fanno da pareti porose – ma mi ci vorrebbe qualcuno che li tiene costantemente spolverati – per godermi appieno il pomeriggio sonnolento. A volte indulgo nei feticismi intellettuali della certezza, della purezza morale e dell’eccessivo ordine. Per evitarli, cerco di capire la maniere elusive con cui essi possono infiltrarsi nel mio pensiero. (Louise Kaplan).