Mi purifico nel Gange di casa mia.

Sto per entrare in un bagno caldo per curare le ferite dell’affetto che oggi mi annunciano che cambia il tempo, ma anche per rendere liscio quello che ora al tatto sembra il dorso di una nutria – gambe, attachments. Mi rendo conto che questa è una di quelle cose che non si dice, che al bagno è lecito cospargersi di colonia o incremarsi, eppure l’essere umano caga con la stessa dotazione con cui si sparge di colonia: buffo che ci siano cose che fanno parte della natura umana di cui ci vergognamo.

Bagno caldo: che stordisca, che disidrati, che faccia evaporare tutti i miasmi, che faccia sudare così come lo sport che non faccio mi fa stare tiepida e asciutta. Porto i giornali migliori della scuderia Cairo, certo che il fratello della Tulliani sembra uno di quei pervertiti che comprano le mutande usate, e lei una di quelle che si mettono le scarpe coi fiori di pelle. La Bellucci è sempre strepitosa, dì quel che ti pare, ma ha una faccia come una Madonna.

Mi chiedo, devo farlo, quanto posto ho lasciato qui sotto per te: quanti centimetri a mollo nella palude della vasca azzurra sono rimasti per te? Quanti sono tornati sotto il regime assolutista della Repubblica di Juanita? Mi sezionerò e te lo farò sapere. “Non si preoccupi, la richiamiamo noi”.

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