La felicità esiste, e si annida in tutti i luoghi in cui non andiamo a cercare. Al punto che la novella di quello che si metteva le scarpe strette per provare sollievo a sera, levandosele, assume ora toni sempre meno confusi, colori ancora più chiari. La vita è fatta di una serie di episodi che non ci aspettiamo e che soprattutto non finiscono in nessun film, ad esempio: la felicità di potere fare l’amore un mese dopo la nascita dei propri figli, ma soprattutto il sollievo di non poterlo fare per motivi fisici subito dopo l’emissione umana, non li racconta nessuno. Oppure. La gioia sorda che ci prende quando la nostra amica che era un’atleta dal fisico pazzesco ingrassa dieci chili perchè il marito l’ha lasciata per una grassa e brutta, quella non sta in nessun libro. Così pure, nei cinque minuti che stanno fra una visita all’ospedale ad un conoscente che ce n’ha per poco e il caffé, preso in solitudine al craal dell’ospedale, sono quelli in cui ci si ricorda della nostra vita, di cosa stiamo facendo, e forse anche del perchè.
La felicità pochi la possiedono, perchè richiede uno sforzo di immaginazione tremendo. E’ una reazione piuttosto che un sentimento, e nasce dallo sforzo, dall’impotenza. Queste persone che hanno la capacità di godere di poco, di non desiderare cose, di aspirare all’enorme dal piccolo del loro orto, questi fortunati hanno la chiave di una vita felice, che si potrebbe interrompere in ogni istante – tanto non cambia nulla.