Sono nata in Gennaio, il 2, e non amo il mare nè d’inverno nè d’estate; il giallo del sole così sfacciato mi disturba, il caldo mi fa calare le forze, il fatto che la gente attorno a me sia di media più felice mi dà un senso di timore diffuso: ce la farò io, a fare come loro? Mi riuscirà di abbandonarmi a qualche spiaggiata e solidarizzare con esseri umani che non conosco? Potrei farcela, se mi portassi dietro una borraccia con dell’unicum e ghiaccio, magari. Se proprio devo optare per una giornata d’acqua allora che almeno sia con scoglio, dissimile, che le forme del tufo o della pietra mi catturino l’occhio e lo distraggano dal mio amore quotidiano e dannazione – il mio lavoro.
L’estetica della spiaggia non aiuta gli orsi marsicani come me, con quelle ciabattine rosa e i costumini con i pesci che sorridono. Nemmeno l’alone di olio di cocco sulle cosce vizze o il nudista occasionale che sbuca a tradimento da dietro la siepe di Macchiatonda, Maremma, mi sono di conforto, anche se un paio di palle vizze mi (dis)turbano meno di un pareo con le frange: sono un’esteta, e se fossi presidente del consiglio anche io mi farei qualche legge ad personam tipo impedire alle persone con più di trentanni di andare in costume.
Correva l’anno 1996, mio cugino mi aveva appena aiutato a comprare il mio primo Olidata e aveva installato chissà quante cose con quei dischetti orridi: c’era tutto, là dentro, fuorchè internet, l’unico motivo per cui avevo fatto l’acquisto. Settecentomilalire, per un pc usato che non avrebbe mai navigato. Connettevo il filo del telefono nella presa del modem e li guardavo tutti, telefono, pc e modem, come se potessero avere pena di me, come se la connessione si potesse attivare con una bestemmia e un pianto. Non successe. Andavo all’internet point e chiedevo come si faceva, copiavo login e password ma senza capire bene dove infilarli. Cambiavo lo sfondo del desktop ogni dieci minuti, nella vana speranza di sviluppare skills di rete senza sapere bene dove andare a parare. Non successe.
Correva l’anno 2002, tenevo corsi di informatizzazione nelle comunità montane fra il fiorentino e la lucchesia, con un pubblico di reietti al cui confronto io, col mio Olidata, parevo Stephen William Hawking. Le donne mi facevano penare, agitavano il mouse verso lo schermo, come per cambiare canale, ma alla fine del mio corso sapevano creare un documento power point con le cose che si muovevano, conoscevano i rudimenti per “agganciarsi” ad internet influendo sulla bolletta del vicino e sapevano i rudimenti di salvataggio documenti a ragione veduta, quell’arte che ti impedisce di impestare il desktop con cinquemila files tutti con lo stesso nome. Mai, durante i miei corsi matti e disperati, mi ero dimenticata del mio scoramento davanti al mio Olidata. Mai ho accantonato la frustrazione di quando, acquistato “pc for dummies” non avevo trapassato la quarta pagina, che per me era già impossibile.
Ero una di loro, dei disgraziati vittime di una società che non ti dà regole certe, come: “se non c’entra non è il cavo giusto”, o “non puoi navigare senza un modem”. Quindi ho mantenuto un approccio quasi di santità nei confronti dei miei fratelli, vessati dalla vita e senza un collegamento isdn. Ho preso qualche attestato qua e là da macromedia e mi sono arresa solo su flash, perchè quello è un mestiere serio. Ho anche seguito un corso di programmatore Cobol per mainframes, il cui attestato ho conservato con amore infinito. Tutto questo perchè la vita mi aveva messo davanti a qualcosa di sgradevole in risposta ad una grande speranza, ecco. Così, in questo stesso modo ho scelto un lavoro che mi tenga lontana dalla spiaggia: i miei clienti inziano a martellarmi a Maggio e finiscono a Ottobre, giusto in tempo per vedersi la campagna toscana dipinta di rosso. Non tutto il sole vien per nuocere.
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