
Io, il Libanese e Il Tricheco
Siamo io, il Libanese e Il Tricheco. E’ passata una settimana e basta, sembrano mesi, che se ne sono andate le signorine alte due…
Siamo io, il Libanese e Il Tricheco. E’ passata una settimana e basta, sembrano mesi, che se ne sono andate le signorine alte due…
Non che io non pianga, o che non soffra, ma la tristezza la lascio entrare solo quando so che non c’è soluzione.
Poi tutto è degenerato, l’idea di bere insieme a quella signora un po’ esaltata mi aveva messo su di giri, è assurdo quanto le valutazioni siano soggette a stravolgersi nel giro di pochi minuti e come un antipatico bestione biondo possa sembrarti di colpo appetibile e sensuale.
Ho chiesto all’Inglese di non chiamarmi con soprannomi, solo col mio nome per esteso, per non trasformarmi mai in un pupazzo, per non perdermi di vista mentre sono ancora lì.
Non provo rancore per quelli che alle poste tornano indietro senza il numerino e dicono “devo solo comprare un francobollo” – e io che dovevo fare, impastare un panettone?
La casa regge, per ora. Gli ho detto questa è la tua stanza, qui dentro puoi fare quello che vuoi purchè non vada a fuoco, ma nel resto della casa io prendo e butto nella spazzatura. Non credo che funzionerà sul lungo raggio, ma per ora ci siamo.
Come ogni dittatore che si rispetti, in fin dei conti questo è il mio regno e io ci governo, ho anche certe pretese non proprio a modino – ma io non posso sopportare le persone sciatte, quindi dimenticatevi pure il pigiama e la scarpe comode.
Mamma sa sempre cosa dire per farmi passare quella palla d’ansia che mi piglia la pancia anche da piccina. Se lei dice che va bene, allora va bene. Non c’è verso. Quando andiamo al mercato, per esempio, io sto malissimo.
Mi sento un motore, ecco cosa sono, un due fasi senza limite orario. Una pietra della fortuna. Una macchina che si produce la benzina e gode mentre va a giro, perchè ci sono proprio dei panorami grandiosi tutto attorno e portare la gente è meglio che stare in garage.
Mi trovavo in un bel locale, così sembrava, non c’era nemmeno molta gente e gli scaffali erano ben forniti di rum e whisky, allora ho chiesto al barista se avesse del Canadian. Si è girato con l’ aria un po’ smarrita e dopo un secondo di riflessione ha detto “ ah il uischi si si”, “bene” ho risposto, “preparami un buon Manhattan”.
Il bambino con l’occhio bilurchio è cresciuto, non è più sottopeso e i suoi genitori gli fanno dire un sacco di cose: nelle fotografie…
Si è messo con me, l’antimateria dello shopping, l’eretica della moda, il maschio con le puppe, per espiare le colpe di una vita vacua. Mi sono messa con lui per sapere sempre cosa pensa il nemico.
Devo uscire indenne da Febbraio, il mese nano e incattivito, la resa di tutti i miei peccati settembrini, l’estratto conto vero, tangibile, delle mie boiate natalizie.
Divanoni soffici dove fare pisciare i gatti e poi, subito dopo, fare sedere gli ospiti – salsicce, fagioli, frittata e birre come se non ci fosse domani. Rutti sommessi e sedute copiose nei bagni senza finestra.
Lo so che c’è ancora. Ma a me garbava M.
C’era una volta dietro il banco una donnina deliziosa, di quelle fatte di ferro, Pasquina Malanca. Poi sempre in linea matrilineare si sono avvicendate figlie e nipoti che evidentemente si tramandano il segreto della magica pozione che rende la loro pizza un’esperienza dionisiaca.
State mangiando la storia di Firenze, fatta in primis di odi e passioni viscerali (by Consuelo Cecconi)
Diventare genitori significa avere voglia di chiudere la porta, uscire, ubriacarsi a morte, mandare a fanculo il commercialista (non le mie, angeli divini), svegliarsi in un letto sconosciuto di una citta’ latino americana mentre invece si esce, si’, per andare a fare la spesa: c’è il pollo al tre per due.
La verità è che li tiro su, io, i maschi. Mi dovrebbero dare un premio, un riconoscimento, perchè li allevo magnificamente e li preparo per quelle dopo che se li sposano in due balletti.
Dopo il lavoro, al cala sole, al mio solito baretto ordinavo un Hemingway, vale a dire una versione molto molto secca. (by Jack 3 Mani)
La proprietaria del pub ha un marito che fa l’occhiolino ai ragazzi, compreso il mio.
Oggi apriamo fuori orario, di pomeriggio. Lo faccio per Voi, miei cari avventori sazi di affetti familiari ed ebbri di cibo – by Jack 3 Mani
I maschi mi percepiscono come una lesbica hard-core, una creatura storta con cui entrare in competizione, e il signore milionario con i denti rifatti e un completino troppo giovanile per la sua età non fa eccezione.
Il corpo è mio, no anzi scherzavo, è di tutti, anzi no, è dei miei figli, aspetta no è del mio fidanzato. No è mio. E che me ne faccio?