Perchè Soho rimane il tempo migliore di Londra.

Boy George, Cecilia e Juanita de Paola

Invisa ai modestamente ricchi e agli omosessuali latenti, Soho rimane il tempo migliore a Londra. Me lo ricordo tutte le volte che ci ricapito, in genere per andare a trovare uno dei miei amorazzi ormai sposati e pelati, con mugliera e figli a seguito, o per rivisitare quella libreria famosa, o semplicemente per godermi un pò di sana baraonda senza figli. Anche io talvolta sono mugliera ingrassata con figlia che uno dei miei amorazzi torna a trovare, cui leggo negli occhi che è felice di avere scelto l’altra – lo sarei anche io.

La Soho House è una casa privata di tre piani, dove ci si incontra, si sta assieme, si balla, si guarda X-Factor (la finale l’altro ieri, dove l’orrido Joe McEdlerry ha vinto contro il più ganzetto Olly Murs) e si fa la festa di Natale con il rinato Boy George – parte della grande famiglia inglese di Erin, il mio fidanzato temporaneamente estraniato causa cattivo comportamento. In cima alla palazzetta le teste creative, al secondo i fotomodelli carini, al primo quelli coi soldi, più vicini al guardaroba. I gruppi si mescolano con gioia e il bar è carico. Tutta la crew di MTV che fa ridere sballonzola fra un tavolo e un altro, si sgangherano e fanno allegria: potrebbe succedere solo qui, e non certo a Belgravia o a Pall Mall, tempi per l’animo conservatore della città.

C’è un tempo speso bene, qui, a Soho. E un altro fatto di freddo e frustrazione: quello delle grandi limousine che ti lasciano con l’amaro in bocca del sapere che, se mai un giorno ne siederai una, non sarà perchè ti ci sposti di solito ma perchè una tua amica ti ha fatto un (brutto) scherzo di addio al nubilato: nulla di più volgare del lusso dopo un lungo risparmio. E’ quella delle cena di beneficenza dove si lavora per i poveri, gli unici che alla cena non possono entrare. Quella dell’indiano del taxi, che sente di doverti dire che ha 10 case di proprietà, perchè probabilmente lo prendono per il sedere da mane a sera, e se la rifà con te, proprio con te, mentre ti porta all’areoporto alle sei della mattina. Quella del freddo siderale, che taglia gli occhi in due e ti ricorda di com’è più materna la Toscana. Quella del correre prima che le porte della tube si chiudano: non ho mai capito perchè.

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