Potenza del rotolamento

La scena è di quelle che sembrano trite e tristi quando si vivono, epiche e necessarie quando si cresce: fuori, una parata, un santo, una celebrazione che assume importanza man mano che la vita la perde, dentro un letto con le lenzuola che sanno di stracchino e rose. L’odore, intossicante, dell’altrui corpo e bisogno. La pornografia di due corpi che si intercettano sapendo che non durerà eppure sperano, per poco tempo, di trovare un amore infinito o solo una immane, grandissima, non c’è bisogno di continuare.

Dopo l’arricchimento, chiamiamolo così, ci si guarda intorno. Le donne provano a crearsi un passato immediato succhiandolo dalle foto attorno, dai colori, dalle tracce delle altre che sono state lì prima. Gli uomini hanno il cervello libero, felice, come un astronauta che abbia fatto un ammaraggio come programmato e che, nonostante la luna, si senta come prima. Io, dal mio canto, ho sempre dormito. Russato profondamente, felice, poche volte, con velleità interrogative la maggior parte delle volte: ma è così che deve essere? E’ questo? Spero di no – per le altre.

Stanotte ho ricordato un letto con coperte senza lenzuola, a questo può arrivare la magnifica sciatteria di un ragazzo, molto ma molto tempo fa. E mentre ricordavo dicevo: accidenti, non mi sono mai toccati uomini, solo ragazzi. Un pò come quando hai passato la vita a ordinare il vino della casa e un giorno qualcuno ti fa assaggiare un vino di Bolgheri, uno a caso, e tu dici: ma perchè? Lo so io perchè, il motivo risiede in questa modestia punto femminile che mi ritrovo. E lui era stupito di trovarsi con un uomo come me, uno vero, intrappolato nel corpo curvaceo di donna regolare, media, italiana. E rideva, perchè io mi addormento alla velocità del lupo dopo la caccia, e bisogna che nessuno mi interpelli, mi si avvicini, mi consideri cosa sua, nemmeno dopo una rotolata nel letto. A maggior ragione.

Abbiamo fatto colazione al suo bar, la mattina dopo, quello dove va (ancora) prima di entrare in cattedra. Lo sapevo che mi portava come trofeo al Gianni di turno, quello che si ricorda come vuoi il cappuccino e non vede l’ora di andare in ferie. E trofeo fui, quasi gentile, anche se mi scappò un per favore possiamo stare zitti fino a dopo il caffè? Erano mille anni fa, solo che stasera ci siamo incrociati. E non ho ricordato altro del lettino piccino con le copertine a righe rosse e grigie, e del bar fiorentino la mattina dopo. Gran cappuccino, fra l’altro.

1 Comment

  • Agosto 21, 2010

    variabile

    Mi piace la descrizione del bar, del Gianni di turno che sa come vuoi il cappuccino. Sono contesti che vedevo, quando passavo in motorino dal paese, ma che non ho mai vissuto perché fuori dal paese vivevo.

    Ah, c’è ben di peggio, nella casa di un ragazzo/uomo solo, delle coperte senza lenzuola.