Quella volta che il figlio di.

juanita

Il lavorare ai margini della fama induce due diversi atteggiamenti, ugualmente disturbati, nella persona normale: il primo è il desiderio che divora di farne parte; il secondo, l’istinto di prenderne quanta più distanza possibile. Appartengo alla seconda categoria, probabilmente per fattori genetici e non per scelta, e così non mi sento in dovere di disperarmi per tutte le occasioni mancate, per i giri in barca cui sono stata invitata e che ho bissato o le suite di hotel offerte in cui non ho dormito. Non voglio rendere favori a nessuno, tutto qui.

Questo non significa che non sia attirata come le lucciole davanti alla luce di certi privilegi, da certi splendori cui è (molto) difficile resistere: lo chef che cucina per te, non nell’hotel ma davanti a te, in cucina, a te che stai bevendo un Brunello; il sommelier che ti sceglie il vino più aromi più profumi per creare una sensazione rotonda, di gusto totale. I soldi hanno un unico potere che invidio, che è quello di potersi permettere gli eccellenti in ogni campo per una sessione privata (e goduriosissima): l’eccellenza, pessime nuove, costa. Detto questo, è l’unico lato positivo che gli riconosco o mi provoca dei pensieri.

Rimanere distanti dall’attore, dal tycoon, dalla fidanzata speciale ma anche dalla modella famosa è un imperativo. Di più: è salvezza. Queste persone hanno devoluto la loro vita ad arrivare, nel frattempo si sono spesso dimenticate umanità, educazione e non sono punto gradevoli. Ci ripensavo ieri quando guardavo le foto di questo uomo giovane, splendido, che mi ha tirato un morso quando ho provato a fargli abbassare il bicchiere. Gli stavo dando un consiglio, c’erano paparazzi, c’erano cellulari puntati, non stava venendo fuori una cosa carina.

Per tutta risposta si era girato e mi aveva morso un dito. Non ho emesso un suono, certo, ci mancherebbe: non si parla prima di riscuotere. Avevo glissato piuttosto, fingendo di ridere, di avere con questo pupazzo un rapporto speciale, di scherzosa complicità. Gli avevo sibilato andiamo a mangiare, hai bisogno di mangiare qualcosa per riprenderti. Mi aveva guardato con gli occhi storti e mi aveva detto e te ne mangi di pizza, eh? scoppiando a ridere da solo. Erano un pò di chili fa, nemmeno molti, ma certo aveva fatto male.

L’ho rivisto, dopo anni, senza più capelli in testa e la pancetta. E mi sono ricordata di quel detto sulle belle donne che ti rifiutano: per vendicarsi basta aspettare. Bene, vale anche per i figli di.

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