Si torna al punto di partenza.

Juanita de Paola, santa subito

Una delle meraviglie del vivere a Firenze in via Maggio era l’assoluta immobilità, l’incapacità di dare una svolta a carriera, studi, vita sentimentale: a nulla. Per trentotto mesi filati le mie giornate si sono svolte identiche una all’altra, nel perfezionamento della precedente e preparazione della successiva. Non che sia successo a caso, ne ero coscente anzi, e mi ripetevo ogni giorno il tempo è ora, Juanita. Sapevo che presto sarebbe cambiato tutto, che non ci è dato di passare le giornate come ci pare, mai, a nessuno, ma per quel tempo in cui è durata mi sono trovata in una lacerazione spazio tempo, dove invece ho potuto galleggiare leggera, ripetente.

Per centocinquantadue settimane non mi sono mai coricata prima delle cinque del mattino; non ho passato sabato senza invitare qualche sconosciuto o disgraziata a mangiare con noi ragazze – sei donne, otto o dieci, non ricordo; non ho mai saltato un aperitivo serale e comunque non ho mai raggiunto le lenzuola sobria. Ogni giorno ho suonato la chitarra dalle sei alle sette di sera, cioè appena sveglia, e saltato religiosamente la colazione. Non ho mai fumato una sigaretta prima delle otto di sera ma non ho mai fumato meno di un pacchetto di pall mall blue al giorno.

Per tre inverni ho vissuto senza riscaldamento, perchè la casa non lo aveva, facendo la doccia calda con tutto attorno la temperatura dello zero e con in corpo un sorso di whiskey per resistere in nudità al freddo umido fiorentino. Ogni sera ho cercato spasmodicamente Gorecky su ICQ e poi ho incontrato il mio fidanzatino di turno per cena o dopocena, pensando che non sarebbe mai stato come Gorecky. Sono uscita ogni giorno, ogni sera, camminando la notte fiorentina nell’oblio di chi veleggia la fortuna: un sito al mese, quando i siti rendevano, un sacco di soldini solo per gli sfizi.

Ho speso quasi mille euro in giostra, quella in Piazza della Repubblica, perchè mi sembrava una cosa straordinaria offrire giri a persone mai viste prima, e continuare con loro le perlustrazioni notturne. Ho tenuto corsi di cucina senza saper cucinare. Ho vissuto in una dimensione che, in qualche modo, sta tornando. Mi preparo a un nuovo stretch spazio temporale, sapendo quanto sia infinitamente prezioso, e quanto poi lo si debba pagare con interessi quando finisce. Ma non importa, va bene così.

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