“Non serve la cartella bella per venir con me, basta un pò di fantasia e di bontà”. Così finiva la sigla delle fiabe sonore, cinquemila anni fa, nell’epoca in cui gli ultimi dinosauri si ritiravano nelle Fregate Island e in Italia si varava l’ultima legge utile agli italiani. Le fiabe sonore sono state inventate da qualche genitore geniale e con problemi di respirazione – chi non sa inspirare ed espirare mentre legge finisce per sbadigliare ogni x parole. La ragazza che suda perchè le si chiede di leggere in classe la versione greca da tradurre sono io, non tanto perchè non capirò nulla, ma perchè alla terza frase sbadiglierò. E il professore si arrabbierà come un cane senza coda.
Cammino strascinandomi da una stanza all’altra, aspettando che la piccola col virus stia meglio. E’ un pecorso come quando smetti di pensare a qualcuno all’improvviso: stupita, liberata, rimbecillita. Dolorante. Ripercorro la memoria veloce, per vedere se qualcuno che conoscevo ha fatto una fine migliore della mia – mi consola pensare ai fallimenti altrui nei giorni in cui non riesco a finire nulla di quello che avevo iniziato, come oggi. Penso sempre alle tre persone di prima: quella stupida come una pigna che ora ha il Porche e una laurea presa al Conad, probabilmente. Quello che c’era e poi non c’era più, e alla fine s’è messo con la copia di sua madre. Quella che era una tigre e poi un agnello e poi un niente, e da dove venissero la tigre e l’agnello lo sanno Cristo e la mia testa bacata.
Cerco rifugio in internet, la mia mansarda esistenziale da quando ho diciassette anni. Mi dà noia che mettano annunci mirati in ogni video musicale e sito personale, ora: sì, sono azzeccati. No, continuo a non guardarli, non mi interessa. E anche se mi interessasse non ci cliccherei solo per farvi dispetto: sono fatta così. Chiedete agli ex. Dunque i tre di prima se la passano piuttosto bene, economicamente dico. Ma come è possibile, dico, ma è corrente, coerente, che le persone più imbecilli nella cerchia di quelle che ho conosciuto abbiano tutte avuto un successo strepitoso in amore? Ma cos’è, fanno le graduatorie al contrario? Oggi mi sento come quello che ha una caccola sulla guancia e tutti lo guardano e poi lui pensa, ecco, allora sono un bel ragazzo. Invece ha una caccola sulla guancia.
Comunque non c’è tempo, questi sono pensieri futili, dannosi. Apro il libro con la canzoncina A Mille ce n’è in testa, faccio scegliere alla Minima una favola e comincio a leggere. Mi scuso con lei, sbadiglierò molto perchè non so respirare mentre leggo – qualche volta mi esce una specie di rutto, e io sono una persona che queste cose non le fa, mi danno noia. Come le ciabatte e i capelli unti, la tuta e le scarpe comode: che schifo. Inizio la lettura, e quella bambina che ascolta finalmente pacificata una favola, senza avere paura che termini senza il suo controllo, sono io. Sono sopravvissuta all’infanzia. E all’adolescenza, quando le favole bisogna fare finta che non ci piacciano più: dovrei essere felice punto e basta. La Minima si addormenta, sono le una della notte, questo virus è la cosa più vicina alla nemesi storica che io abbia mai incontrato sul mio cammino.