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Nella vecchia fattoria

Juanita de Paola

Nei miei piani del futuro prossimo c’è quello di aprire una fattoria, abitazione e scuola, con le galline e se mi piglia il coraggio qualche bel maiale. Una rete wi-fi così sostanziosa da potere alimentare i frigoriferi, certo, e attrezzature informatiche dure, soffici, volatili all’avanguardia. L’importante è che la musica esca con i bassi, amo i bassi che mi rimbalzano sulla pancia – tutto il resto arriva secondo.

Mi dedicherò al marketing ma anche all’orto, non nel senso che tiro su i pomodori ma che li colgo e li affetto e li mangio. Magari posso anche innaffiare una o due volte al mese, ma l’atto pratico ripetitivo mi annoia a morte, quindi è bene che altri si dedichino al verde. Io, piuttosto, arrotolo i cavi.

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Basta non sia una tisana dimagrante.

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“Passa un buon inverno”, mi dici. Mi sembra un buon augurio, in fin dei conti il mondo appartiene a chi è felice il lunedì o non aspetta l’estate per ballare su una spiaggia. E’ una frase che non vedo l’ora di dire ai miei figli, spero di averne altri nove, affinchè tutti mi detestino assieme dopo che sono morta – che non si sentano mai soli in questo, che sappiano che razza di ciofega avevano per progenitrice. Mi parli come se la sapessi lunga, e forse c’hai ragione. Una delle cose che noi donne facciamo è accasarci, non necessariamente con un uomo, e dimenticare che teppiste siamo state, quanto in basso si sia scese per trascorrere un discreto dopo cena. Qualcuna di noi si trasfigura nella casa, mi ci vedo quando pulisco il gabinetto con il bruschino per eliminare gli aloni, altre nel volontariato cellulitico, la maggioranza nella sindrome del triplo controllo – casa pulita, capelli fatti, vagina asciutta. Io no, non lo dimentico che ho compicciato, e forse mi si legge negli occhi.

L’inverno è straordinario perchè Chet Baker suona sempre come se fosse il 23 di Dicembre e perchè la luce è più gentile. Un mio amico che fa finta di avere una moglie – e lei, che fa? – mi conferma che l’estate è mortifera: tutta quella pelle scoperta non aiuta chi usa il cervello come volàno; certo, sarebbe meglio ci fosse una legge anti accoppiamento: le cose tornerebbero divertenti. Tu vuoi davvero che io passi un buon inverno, voglio dire, è questo che hai in mente mentre me lo auguri? Io penso di sì. Quindi aspettate un’altra bambina, cos’è, la sesta? Questo maschio non viene. Dipenderà dal fatto che tu eri l’unico uomo in una famiglia di cento donne, o forse perchè – come ti sussurrano dietro – non sei abbastanza virile. E’ sempre stato un cruccio per tua madre, ma a te ti faceva ridere. Anche perchè a te piace fare le cose, provare, scottarti un pochino: cosa ne poteva sapere lei, di quando ti mettevi la camicia pastello col colletto bianco sottile, a cosa andavi incontro sul serio? Roba ruvida, roba che non si vede nei film romantici che rincoglioniscono noi donne.

Spiegami come hai fatto a farle venire tutte bionde le tue piccole, perchè tu sei nero e scuro di incarnato: ma cos’è che fate, andate in una clinica eugenetica? Fate un test del dna precedente all’accoppiamento per vedere se la mescolanza viene fuori uber-caucasica? Ci vediamo questo inverno, dunque. Mi vuoi offrire un tea. Accetto volentieri, la conversazione con un uomo, per quanto stupido, non raggiunge mai il tedio e la disperazione di un dialogo fra donne – le lamentele, l’incapacità di alzare gli occhi, la concentrazione sulla fissa del giorno, lui che ha fatto, lui che ha detto, lui che non mi vuole, lui che non mi vuole abbastanza, lui che prima era meglio, lui che te non lo conosci, lui non è così. Se proprio devo parlare di lui, preferisco farlo con lui in persona. E’ bello l’inverno, è vero, mi hai fatto un buon augurio.

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Fai quadrare il cerchio, E. Se vuoi.

Juanita

I problemi delle donne sono più semplici del manuale di istruzioni che portano con sè – il loro peso. Le risoluzioni dei problemi delle donne sono ancora più elementari, e per questo dirompenti, distruttivi: l’amante, la dieta, i soldi. I figli – quelli che ci sono, quelli che non ci sono, quelli che non si volevano. Non sono sicura di voler mettere il marito qui, lo sposterei piuttosto sotto la categoria “sforzi sovraumani per ottemperare ai miei doveri antichi”, oppure anche quella “la mia possibilità di essere felice senza accorgermene”. Rimedio, come balsamo per una ferita, come soluzione veloce ad un problema impellente: questo non è un marito. E nemmeno un fidanzato.

Le donne si sentono minacciate dalle altre donne, e questo è un buono schema della natura – funziona. Dice che quando hai trovato il pinguino reale che siederà sulle uova mentre tu vai in cerca di pesce, devi fare di tutto per tenertelo stretto. Quindi la pinguina non accetta di buon grado, ad esempio, che un’altra pinguina discinta le stia in casa, o che il maschio lasci l’uovo allo scoperto per fare il pavone – uccelli sono comunque – con un’altra. Magari più giovane, magari meno ricca, magari assai più brutta, non importa: la quantità è maschia, e continuo a non trovarci nulla di male.

Le donne, inoltre, non sanno le regole della buona convivenza umana: inutile vendersi per un Vuitton quando si è un portafoglietto di eco pelle, o per un samaritano quando si è un imperatore nudo. La storia è quella: un universo non è abbastanza per due donne sole, a meno che una delle due non sia (più) brutta, (più) grassa o omosessuale. Negare il fatto è possibile ed allettante, ma andando a contare le amiche che si frequentano di più ci accorgeremo che sono quelle che non ci minano mai sui punti forti. Ci completano, certo, ci somigliano, ovvio, ci amano, ma non sono pericolose – quelle si conservano per un venerdì sera, quando ci si è appena lasciate.

Nel dubbio cerca di fare un esercizio, E. Mettiti allo specchio e comincia: io sono questa. Io sono proprio questa qui. Io non sono quello che so fare – anzi. Io non sono i vestiti che porto ma amo far vedere il monastero da cui provengo. Io sono io, e tu sei tu, e io ti amo molto ma occhio. Io amo le cipolle ma anche le scarpe rosse. Io sono completa come un rotondo e sfuggente come una faccia di prisma: guai a darmi una fodera sola. Io sono quello che hai cercato per anni e che ti ho concesso, con gioia infinita, di possedere. Io amo perdermi nelle notti di Cabiria, ma so tutto di tachipirina, preiscrizioni, pannoloni, orli rotti, umiliazioni e glorie istantanee. Io non so scrivere un pezzo non perchè non mi riesce, ma perchè mi annoia. Sì, mi annoia. Ma mi piace stare su un palco – e ci sto come una lampada liberty accesa in un negozio senza luci a soffitto. Io detesto l’Umbria, e sai perchè? E’ come la Toscana, ma troppo verde, troppo rustica, troppo improvvisamente florida. Ecco, ripetiti, io sono come la Toscana. Quelle sono come il Molise. Con tutto il disrispetto possibile e dovuto.