Il blog è cosa da timidi. Voglio dire: non si scrive, quando si dovrebbe vivere, a meno che non si faccia parte di quel gruppo enorme di persone che non si sanno fare largo nella vita. Anche il più arrogante dei bloggers è di quelli che a una festa ringraziano per essere stati invitati, che hanno amici che parlano per loro e che accettano di buon grado ogni nefandezza propinata dal proprio circolo di amati. Mi sono trovata una sera a cena con Severgnini e posso dire in serenità due cose: la prima, non si ricorderà di me, giacchè cercavo di compiacere la mamma di Ilaria Ferragamo, lei sì frizzante e bellissima, la seconda è che mi ha dedicato un buon cinque minuti di chiacchiera sul mio mestiere, come se quello che dicevo potesse essere di alcun interesse per lui, un mio eroe, scrittore, insomma, tutto quello che io non sono nè ho la forza fisica di diventare. Certo, ad un’altra tavola che ricordo fatta di pop stars e designers, nessuno mi ha degnato di una minima attenzione – nessuno di loro scrive, e non è un caso.
Il punto è che in questa vita, con buona probabilità l’unica che mi toccherà in sorte, io non sono Mandela, nè Carla Bruni. Non ho il fisico, sono oggettivamente troppo bassa e troppo grassa per fare parte delle donne che calcano la mondanità con sapienza – penso a Maria Sole Brivio Sforza, ad esempio, giunco italiano da esportazione, o alla principessa Patrizia d’Asburgo Lorena, giovane signora irriverente con il suo Vertu: queste sono un orgoglio per il nostro suolo, per bellezza e per raffinatezza. Al massimo la sottoscritta può collocarsi al circolo Arci di Vellano, o al ristorantino dove si festeggia la nascita di una nuova onlus con annessa bottega dei formaggi. La divina Carla, acculturata ed indipendente, nonchè ricca come si usava nel Piemonte degli anni sessanta (diverso, dalla Costa Smeralda degli anni duemila, oh my, così diverso), è una donna che le donne odiano, ad esempio, perchè infinitamente garbata e appropriata senza sforzo, quando le povere Santanchè hanno dovuto sgobbare come muli da soma per raggiungere un qualche grado di riconoscibilità.
Una cosa che ho imparato è che Aldo, Giovanni e Giacomo hanno ragione (I Corti, prima che cadessero in rovina di contenuti con la Wind) quando dicono si è quello che si è sempre stati, e io vengo dalla zolla, miracolosamente mescolata con un liceo classico e un fidanzato che fa il pr per grandi signori. La mia preparazione per i grand soirée potrebbe essere materiale per un cortometraggio, se solo qualche giovane regista avesse la sfiga di conoscermi, intitolato Il Tremore dell’Epicurea che va in Città: non so cosa mettere, non so come si abbinano le scarpe con le borse, non mi ricordo se a tavola si dice buon appetito, non capisco perchè quei bei ragazzi che mi mettono seduti accanto sono gay perchè conviene o perchè ci sono nati, ma comunque hanno denti bianchissimi.
A me non interessano le mode, nel senso che mi sono avulse: se quest’anno ho comprato un vestitino verde, verde sia; poco male se il bianco e il celeste cartazucchero la faranno da padrone, io rimaongo col mio vestitino verde e le scarpe nere – ma il nero, non andava su tutto? I miei gioielli sono di argento, perchè li perdo. Non ho orologi, perchè vivo sui bioritmi che la natura mi ha donato (inflitto). Gli orecchini sono enormi, perchè da quando sono stata in Tanzania non capisco come si faccia ad ornarsi il corpo di cose che non si vedono, e le scarpe sono sempre le più alte e comode possibili. Amo mangiare, quindi passando dalla stazione catering di chianina tartara prelevo almeno due piatti a volta. Amo bere, quindi controllo il menù immediatamente per vedere se mi toccano in buona sorte bottiglie da me conosciute o, in ogni caso, attraenti. Amo la musica, quindi mi auguro sempre che ci sia qualche grande artista alla serata, per vedere se questo privilegio di vederne di grossi per poche persone si perpetra per il mio bagaglino di ricordi. Chi mi invita mi ri-invita, perchè sono un’emanazione di Pozzetto nel Ragazzo di Campagna.
La storia, questo è un fatto, è raccontata da quelli come me, che c’erano ma non sanno perchè, e forse ci vorrebbe un albo degli intrusi per regolarne l’afflusso agli eventi di qualche importanza pubblica. La cosa strana è che noi invischiati, immischiati, raramente ci rivolgiamo la parola, forse per paura che qualcuno ci scopra e ci mandi via.
ig
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Juanita de Paola
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variabile
L’origine dalla zolla non si cancella e forse è bene così.
In certi ambienti viene anche gradita. Se poi si accorgono che hai anche visto un paio di quadri di De Chirico rischi di diventare il protagonista della serata.