Bisogna arrivare ad una certa eta’ per sapere quale vino si vuole bere. Dopo anni e anni di assaggiamenti selvaggi, fatti col timore reverenziale di chi sa di non capire nulla ma di essere comunque entusiasta, uno arriva al sapore che quando ci incappa gode come un alpino sul k2. Poche persone mi hanno influenzato affatto su questo tema, ma quelle che l’hanno fatto hanno colpito duro e profondo. Si parte da Fabiano Lenzi, senza dimenticare “il bimbo” della Garfagnana e mio padre: tutti questi bevitori, mai ubriachi (al mio contrario, ho un passato di cui vergognarmi con orgoglio), mi hanno ispirato la poesia del bere, di piu’, mi hanno fatto bere vino ottimo offrendomelo. Ho affinato lo schiocco della lingua, lo svinamento, so distinguere le uve senza leggere le etichette, mica per altro, ma perche’ non amo i vini troppo dolciastri. A questo punto ho finalmente la frase che mi fa ottenere quello che voglio: “buongiorno, vorrei un vino (rosso) non fruttato, non dolce, non infinocchito, non mi dia roba tipo sirah ne’ californiani o misture malefiche che mi fanno schifo per piacere”.
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