Lo sforzo più grande è quello di fare stare i miei amici inglesi a loro agio. Sono sei, di cui tre gay, uno incerto (sconfinante) e due accoppiati così come si vuole colà dove si puote. La tensione al tavolo è palpabile e ho già tirato fuori tutti gli argomenti in cui faccio la figura della poveraccia e tutti ridono: questa volta nessuno si sganascia. Eppure da quando ho fatto arrivare per sbaglio ad un ebreo kosher un cesto di benvenuto pieno di salumi e vino sento di avere raggiunto nuove punte, nuovi acmi di inconsapevole comicità. Sono occhi tristi tutto attorno, e sono tentata di alzarmi e dire ma sapete che c’è? Andatevene tutti. Poi non lo faccio, ci mancherebbe: non mi riesce. Rimango al supplizio.
ig
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